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PROGRAMMA
19 DICEMBRE 2023 dalle ore 16.30 alle 18.30

16.30 SARS-CoV-2: varianti dominanti e le prospettive future

16.50 COVID-19: sindromi cliniche

17.10 I vaccini aggiornati per la variante Omicron XBB: basi molecolari, sicurezza, immunogenicità ed efficacia

17.30 I farmaci antivirali: efficacia e utilizzo

17.50 Anticorpi monoclonali umani: basi teoriche, efficacia e utilizzo in terapia e prevenzione.

18.10 Q&A

18.30 Conclusione webinar

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MEDITERRANEAN INTERVENTIONAL ONCOLOGY
VIRTUAL MEETING 2021
JANUARY 25-26 | ROME (ITALY)

COURSE DIRECTORS: CESARE COLOSIMO, RICCARDO MANFREDI, ROBERTO IEZZI

INTERNATIONAL SCIENTIFIC COMMITTEE: OKAN AKHAN, JOSÉ IGNAZIO BILBAO JAUREGUÍZAR, ANTONIO GASBARRINI, FELICE GIULIANTE, NAHUM GOLDBERG, ROBERTO IEZZI, AHMAD SAMI, VINCENZO VALENTINI

MIOLIVE WILL BE ACCREDITED TO PROVIDE CONTINUING MEDICAL EDUCATION (CME/ECM) FOR ITALIAN PHYSICIANS AND NON-MEDICAL PERSONNEL

ORGANIZING SECRETARIAT:

Formazione Permanente, ECM convegni e manifestazioni

Tel +39 06 30154886
Fax +39 06 3055397

valeria.polimeni@unicatt.it

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Anticorpi monoclonali: cosa sono e cosa sappiamo sull’efficacia nei confronti delle nuove varianti

Negli ultimi giorni la European Medicines Agency (EMA) ha dichiarato che è improbabile che gli anticorpi monoclonali attualmente autorizzati per la profilassi o il trattamento del COVID continueranno a essere efficaci con la circolazione progressivamente predominante delle sotto- varianti di omicron (quali BQ.1.1, BQ.1, BA.4.6, BA.2.75.2, XBB, BJ.1). In ragione di ciò, l’EMA invita a prendere in considerazione l’utilizzo dei trattamenti alternativi (come i farmaci antivirali), soprattutto se le sotto-varianti come BQ.1 e BQ.1.1 diventeranno prevalenti.

Facciamo, dunque, il punto sulla situazione e mettiamo un poco di ordine sull’argomento.

Gli anticorpi monoclonali per il COVID

Sono diversi gli anticorpi monoclonali autorizzati in Italia per il trattamento del COVID e molti studi hanno dimostrato che il loro utilizzo precoce, il prima possibile dopo l’insorgenza dei sintomi, riduce nettamente il rischio di forme gravi di malattia e dunque di ospedalizzazioni e decessi. Possono essere somministrati sia singolarmente, come per esempio il sotrovimab, che in combinazione, come invece succede per cilgavimab e tixagevimab. In quest’ultimo caso il trattamento è autorizzato anche come profilassi pre-esposizione al SARS-CoV-2. La profilassi pre- esposizione deve essere presa in considerazione per le persone ad alto rischio di contrarre la malattia in forma grave che hanno controindicazioni all’effettuazione del vaccino o che sono molto vulnerabili o immunocompromesse, e che quindi potrebbero non avere risposto adeguatamente alla vaccinazione. In entrambi i casi, sono farmaci molto sicuri e ben tollerati, anche nei pazienti fragili.

Quando usare gli anticorpi monoclonali nel trattamento del COVID

Sotrovimab e cilgavimab+tixagevimab presentano la medesima indicazione clinica: si possono usare, infatti, per il trattamento del COVID lieve o moderato in adulti e adolescenti maggiori di 12 anni positivi al SARS-CoV-2 (al tampone rapido o molecolare) che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di malattia grave, definibile attraverso i criteri previsti dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Devono essere somministrati entro sette giorni dall’insorgenza dei sintomi. La loro somministrazione deve avvenire in ospedale, quindi in ambiente protetto, dove possa essere gestita un’eventuale reazione avversa come uno shock anafilattico. La grande differenza fra i due sta nella modalità di somministrazione: mentre il sotrovimab richiede un’infusione endovenosa, cilgavimab+tixagevimab prevede che i due anticorpi monoclonali che lo compongono vengano somministrati con due più semplici e veloci iniezioni intramuscolari separate e consecutive.

Efficacia degli anticorpi monoclonali nei confronti della variante omicron

L’arrivo della variante omicron e delle sue sotto-varianti, con l’elevato numero di mutazioni rispetto alla delta e alle precedenti, ha ridotto l’efficacia di diversi anticorpi monoclonali utilizzati fino a quel momento. In particolare, i dati di laboratorio che abbiamo oggi a disposizione ci dicono che, pur registrando una resistenza lieve-moderata anche alla loro azione, sono essenzialmente sotto varianti omicron BA.1, BA.2, BA.4 e soprattutto nei confronti di BA.5, che secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità è a oggi ancora prevalente nel nostro Paese: sotrovimab e cilgavimab+tixagevimab.

I dati di laboratorio non sono l’unico criterio per definire l’efficacia di un anticorpo monoclonale

I dati di laboratorio misurano l’attività neutralizzante del virus attraverso la cosiddetta “IC 50 ”, ovvero la concentrazione di un dato anticorpo monoclonale che inibisce il 50% dell’infezione virale in esperimenti di laboratorio. Più è alto il valore di IC 50, meno l’anticorpo è in grado di neutralizzare il virus. È fondamentale evidenziare, però, che gli anticorpi non agiscono solo neutralizzando il virus: esistono, infatti, anche altri meccanismi d’azione, i cui risultati non vengono evidenziati dalla IC 50 , e dunque dai dati di laboratorio che abbiamo a disposizione. Di conseguenza i dati di laboratorio, seppur utili per un’iniziale valutazione dell’efficacia potenziale di un anticorpo monoclonale, non sono in grado di prevedere accuratamente l’effettiva efficacia clinica: per quello ci vogliono gli studi clinici. Se dunque è vero, come ribadito da EMA soprattutto in vista dell’aumento della prevalenza di alcune sotto varianti di omicron, che è bene prendere in considerazione prioritariamente i farmaci antivirali – molto efficaci e con meccanismi d’azione che per ora non sembrano compromessi dalle nuove varianti – abbandonare l’uso clinico di un anticorpo monoclonale in seguito alla sola perdita di attività neutralizzante in vitro (senza eseguire studi accurati per valutarne l’efficacia clinica) può costituire una scelta avventata, che rischia di lasciare pazienti fragili senza alcuna terapia disponibile.

La situazione epidemiologica in breve

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Ministero della Salute, nell’ultima settimana di rilevazione (9-14 dicembre 2022), l’incidenza dei nuovi casi di COVID nel nostro Paese è in diminuzione: 296 casi per 100.000, rispetto ai 375 della settimana precedente. Sono, però, ancora in aumento le ospedalizzazioni in area medica: il numero di persone ricoverate è passato da 8.921 il 5 dicembre a 9.602 il 13 dicembre (+7,6%). Per quanto riguarda le terapie intensive, invece, questa settimana si registra una lieve riduzione dei pazienti ricoverati, passando da 336 il 5 dicembre a 326 il 13 dicembre (-3%). Per quanto riguarda i decessi, nel periodo 9-15 dicembre si registra un ulteriore aumento di casi, che si attestano su valori ancora molto elevati: 719, rispetto ai 686 della settimana precedente. Rispetto, infine, ai dati di copertura vaccinale relativi alle dosi di richiamo, al 19 dicembre 2022 l’84,7% della popolazione che potrebbe riceverla ha fatto la terza dose, mentre solo il 28,7% della popolazione fragile ha aderito alla campagna di vaccinazione per la quarta dose.

Roberto Burioni, Ordinario di Microbiologia e Virologia Università “Vita Salute” San Raffaele, Milano

Renata Gili, Medico specialista in Sanità Pubblica, ASL Città di Torino